martedì 4 marzo 2008

L’ISLANDA DEI SIGUR ROS e di un NAPOLETANO

Non è facile accostarsi all’arte ed alle atmosfere rarefatte del gruppo islandese dei Sigur Ros. Io ci provo da anni e devo ammettere che pur avendo vissuto per tre mesi a Reykjavik e quindi assaporato gli umori dell’isola di ghiaccio e di fuoco, riesco difficilmente a digerire un intero disco della band. Così non è stato con il documentario Heima (a casa) che racconta il tour del gruppo nel paese d’origine e che - partito dalla capitale - va a toccare villaggi microscopici e luoghi fuori da qualsiasi rotta geografica.

Insomma, i Sigur Ros hanno voluto omaggiare la loro terra e tutti i coinquilini di una landa apparentemente inospitale, ma affascinante come poche al mondo. Durante la mia permanenza in loco - dovuta al progetto Erasmus - ho conosciuto qualche straniero che là si era sistemato. Tra questi un napoletano che per un curioso scherzo del destino vi si era trasferito e che durante una cena a casa sua mi raccontò di quando alla fine degli anni sessanta fece scalo a Reykjavik mentre era diretto a New York.

Lì fu costretto a passare la notte per una avaria al motore dell’aereo e quella fu la prima di tutte le notti di lì a venire: si innamorò di una ragazza e mise al mondo tre creature mezze islandesi e mezze partenopee. Quando gli chiesi se ha nostalgia dell’Italia e di Napoli in particolare, lui mi guardò dritto negli occhi e mi disse che “gli Italiani vivono per gli occhi degli altri mentre gli islandesi vivono e questo gli basta”. Intesi che non sarebbe più tornato e mi piace immaginarlo con la famiglia intera ad uno dei concerti dei Sigur Ros dei quali non perdete almeno il trailer di “Heima”



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