lunedì 18 giugno 2007

Zodiac, bufala o capolavoro?

Zodiac: bufala o caplavoro?

Nell’asfittico panorama odierno del c.d. cinema d’intrattenimento “popolare” d’oltreoceano, capita sempre più raramente di soffermarsi più tempo del dovuto su pellicole che si elevano, quantomeno, un po’ sopra la (bassa) qualità artistica media.
Il discorso riguarda, come detto, il cinema prettamente commerciale, prescindendo quindi da contesti “autoriali” (registi come Van Sant, giusto per intendersi). Non che si voglia negare la qualifica di autore al sempre bravo David Fincher, solo che la sua ultima fatica non nasce come film “d’essai”, bensì quale opera commerciale a tutti gli effetti.
Sarà tuttavia ben difficile accostare “Zodiac” alla caterva di minchiate che settimanalmente rimbalzano dagli USA.
Già lo scarso successo di pubblico ottenuto in patria, è sintomo che il film qualcosa di buono lo deve avere…
Fincher affronta l’ultratrentennale vicenda del notissimo serial killer Zodiac con apparente, cronachistico distacco, da freddo chirurgo della narrazione (ciò che ha deluso molti, superficiali spettatori).
La vicenda si concentra sull’indagine e sulla paranoia dei protagonisti che ad essa votano le proprie esistenze, ed apparentemente gira a vuoto; apparentemente, perché così è stato anche nella realtà.
Eppure basterebbero tre, tre sole sequenze di questo film a consegnarlo indelebilmente all’alveo della memoria:
1) l’assalto iniziale, straordinario pezzo di bravura registica con dosaggio perfetto della tensione (a tratti insopportabile) ed una costruzione dell’immagine a dir poco entusiasmante: una sorta di “summa” di tutti gli omicidi seriali visti al cinema negli ultimi 50 anni.
2) l’omicidio del tassista, agghiacciante nella sua ordinarietà, sospeso in un’atmosfera visiva che ricorda da vicinissimo le scelte fotografiche di Owen Roizman ne “L’Esorcista” (film non a caso citato dal vero Zodiac in uno dei suoi deliranti messaggi criptati, nel 1974).
3) l’ormai famosa sequenza della cantina, divenuta un “instant cult”: non servono parole a descriverla, vi lascio il sottile piacere di vedervela da voi.

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